Rispetto al resto del mondo, una revisione sistematica di 72 studi effettuati in 63 nazioni diverse ha rivelato che l’Italia è tra i paesi a maggior incidenza di fratture di femore, registrando annualmente su 100000 abitanti un’incidenza >300 per le donne e >150 per gli uomini [1]. I dati epidemiologici di questo tipo di fratture variano da una nazione all’altra, ma sebbene l’incidenza standardizzata per età stia gradualmente diminuendo in molti paesi, ciò è di gran lunga superato dall’invecchiamento della popolazione. Pertanto, ci si aspetta che a livello globale il numero di fratture di femore continuerà ad aumentare, passando così da 1.26 milioni di eventi registrati nel 1990 a 4.5 milioni nel 2050 [2]. Ogni persona che si frattura è a rischio di morte (eccesso di mortalità del 20% nel primo anno) e disabilità permanente (meno del 50% delle persone che sopravvivono alla frattura torna al livello di autonomia pre-frattura) [3]. I costi per il Servizio Sanitario Nazionale sono ingenti, paragonabili per la sola degenza ospedaliera alla somma di quelli sostenuti per tutti gli stroke ischemici ed emorragici.
Un aspetto di particolare rilievo è il rischio di nuove fratture da fragilità nelle persone che sopravvivono alla frattura femorale. Le nuove fratture sono molto frequenti, sia perché la fragilità scheletrica è una condizione sistemica e la frattura prossimale di femore ne rappresenta un potente marcatore, sia perché il rischio di caduta (concausa per nuove fratture) è particolarmente elevato, fino al 50% nei sei mesi che seguono la frattura femorale [4].
Interventi di prevenzione secondaria delle fratture (farmacologici e non farmacologici) sono universalmente indicati dopo la frattura prossimale di femore, ma sorprendentemente sono scarsamente applicati.
In particolare, la supplementazione con Vitamina D, oltre che essere indispensabile in corso di somministrazione di Farmaci della Nota AIFA 79 per la prevenzione secondaria delle fratture [5], si è dimostrata efficace nelle persone fragili ed a rischio di caduta per prevenirle, ed è raccomandata dalla Nota AIFA 96 [6-7]. Il corso ha un intento pratico: si propone di favorire nell’attività clinica quotidiana la messa in atto di misure di prevenzione secondaria nelle persone cha hanno subito una frattura prossimale di femore, in pieno accordo con le Note AIFA 79 e 96.
Per raggiungere lo scopo, la letteratura internazionale propone un modello di presa in carico del paziente mediante una collaborazione tra specialisti in malattie metaboliche dell’osso e medici di medicina generale (MMG) partendo dalle evidenze del modello descritto in letteratura del “Fracture Liason Service”: si verrebbe a creare così una Gestione Integrata tra Medico di Famiglia e Specialista [8].
La nostra intenzione è dunque in prima istanza quella di identificare un iter di cura essenziale, incentrato sul MMG che individua tra i propri assistiti i soggetti che hanno subito la frattura femorale da fragilità, esclude cause di osteoporosi secondaria con l’esame clinico e pochi esami di laboratorio e mette in atto le misure farmacologiche e non farmacologiche di efficacia provata per la prevenzione di nuove fratture.
Nell’ambito dei compiti assegnati al Medico di famiglia il progetto di Medicina di Iniziativa intende analizzare e studiare:
• l’individuazione attiva tra i propri pazienti quelli affetti da Frattura di femore da fragilità
• la capacità di effettuare una diagnosi che comprenda gli esami di primo livello e delle eventuali comorbilità del paziente
• l’impostazione degli interventi non farmacologici efficaci per ridurre il rischio di un nuovo evento fratturativo
• l’impostazione della terapia nel rispetto delle Note 79 e 96
• monitoraggio del paziente con valutazione clinica e di aderenza alla terapia
• l’invio appropriato al Centro Specialistico di secondo livello per i casi che ne prevedono il coinvolgimento